Per quanto riguarda gli infortuni/incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, il PNP 2020-2025, dopo aver presentato la situazione presente del mondo del lavoro con i relativi  dati di infortuni e malattie, esamina i fattori di rischio.

Il documento evidenzia che “il contesto sociooccupazionale attuale è profondamente mutato rispetto al passato: assistiamo sempre più a una terziarizzazione dell’impiego e a una forte instabilità e precarietà del mondo del lavoro, caratterizzato dall’aumento del lavoro parasubordinato”.

Da un’attenta analisi dei dati statistici su infortuni, infortuni mortali, malattie professionali, assetto produttivo italiano si identificano poi “i fattori di rischio e determinanti sui quali agire e pianificare interventi di prevenzione”.

Sono presenti anche i fattori di rischio trasversali a tutte le attività produttive (età, precarietà del lavoro, scarso benessere organizzativo) e, in particolare, “l’età è un importante fattore di rischio: gli infortuni aumentano nella fascia di età sotto i 34 anni e sopra i 55 anni, mentre gli infortuni mortali sono in aumento tra i lavoratori delle fasce di età più avanzate”. Mentre per i giovani “giocano un ruolo importante la tipologia lavorativa, spesso precaria, e la mancanza di formazione e informazione sui rischi correlati all’attività lavorativa specifica”.

 “Si assiste a un notevole invecchiamento della popolazione lavorativa, aspetto sempre più importante da considerare nell’orientare le politiche di prevenzione, affinchè il lavoratore giovane giunga in buona salute all’età più avanzata e il lavoratore ‘più anziano’ possa rimanere al lavoro con una buona qualità della vita”.

Inoltre tra i rischi trasversali particolare attenzione “va posta al dato delle aggressioni e alle violenze sul luogo di lavoro, in particolare per alcune attività di front-office, quali sanità, istruzione, trasporti, servizi sociali, vigilanza e ispezione”.

 “La scarsa applicazione dei principi ergonomici nella progettazione di layout delle postazioni di lavoro e delle attrezzature di lavoro. L’innovazione tecnologica, tranne che in alcune particolari realtà produttive, non si integra e non supporta completamente il fattore umano, evidenziando l’incapacità ad un approccio ergonomico sistemico, e rappresenta, pertanto, una criticità su cui agire nel breve e lungo periodo”.

Un altro fattore di  rischio trasversale a moltissime attività produttive è il sovraccarico biomeccanico derivante da movimenti ripetuti o movimentazione manuale dei carichi, sovraccarico che è “all’origine di patologie a carico dell’apparato muscolo scheletrico”.

Si fa presente di infortuni gravi e mortali, anche collettivi, “derivanti da utilizzo di macchine e attrezzature di lavoro non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza (RES) e a una inadeguata gestione o ad un uso scorretto di impianti. Tali fattori di rischio si riscontrano con particolare rilevanza in ambito agricolo”.

I lavori in quota e in prossimità di scavi “sono tra le cause di infortuni gravi e mortali, in particolare in edilizia, mentre le esplosioni da agenti chimici innescate da cause meccaniche e termiche e le atmosfere esplosive in generale rimandano al rischio trasversale rappresentato dal lavoro in ambienti confinati o a rischio di inquinamento atmosferico”.

Infine “importanti fattori di insorgenza di malattie professionali sono “l’esposizione ad agenti fisici, chimici, biologici e cancerogeni, compresa l’esposizione professionale ad amianto. In relazione all’esposizione a tali agenti, occorre strutturare un approccio più articolato a tali fattori di rischio e prestare attenzione da un lato alla pluri-esposizione, valutandone le interazioni e gli effetti sulla salute del lavoratore, dall’altro alle micro-esposizioni anche a più agenti pericolosi”.

Le strategie per le politiche di prevenzione e la promozione della salute, si indica che “il cambiamento del mondo del lavoro, la mutevolezza e precarietà dei contratti, la femminilizzazione di alcuni settori, il lavoro notturno e su turni, le differenze di genere, l’inserimento e il reinserimento lavorativo di lavoratori con disabilità, l’utilizzo di nuove tecnologie (industria 4.0) richiedono un approccio culturalmente diverso alle politiche di prevenzione e di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”.

E’ necessario adottare “più efficaci e complessivi modelli di intervento, come peraltro suggerito dal Global plan of action-WHO che, tra le altre cose, richiama la necessità di affrontare tutti gli aspetti della salute dei lavoratori attraverso l’Healthy Workplace Model orientato a:

  • prevenzione primaria dei rischi occupazionali;
  • protezione e promozione della salute e sicurezza sul lavoro;
  • condizioni contrattuali d’impiego;

adeguata risposta da parte dei sistemi sanitari ai bisogni di salute e sicurezza dei lavoratori”.

Si segnala che tale approccio è espresso anche dal National Institute for Occupational Safety and Health (NIOSH) che, nel giugno 2011, “ha lanciato il programma Total Worker Health (TWH)”.

Quindi l’adozione di un approccio di TWH “permetterebbe, quindi, nel pianificare politiche e interventi di prevenzione, di considerare adeguatamente la sinergia tra rischi lavorativi, ambiente, stili di vita e condizioni personali (età, genere, condizioni di salute, disabilità, tipologia contrattuali)”.

Concludendo possiamo dire che il Piano Nazionale Prevenzione si sofferma anche sulle strategie europee, sulle attività di vigilanza, sui piani mirati di prevenzione e vari altri piani nazionali (edilizia, malattie muscoloscheletriche, cancerogeni, stress lavoro correlato, …).

 

 

 

Piano Nazionale della Prevenzione 2020 – 2025

RossellaConsulenzaSicurezzaPer quanto riguarda gli infortuni/incidenti sul lavoro e delle malattie professionali, il PNP 2020-2025, dopo aver presentato la situazione presente del mondo del lavoro con i relativi  dati di infortuni e malattie, esamina i fattori di rischio. Il documento evidenzia che “il contesto sociooccupazionale attuale è profondamente mutato rispetto al...