Consiglio di Stato:
e obbligo di dichiarazione delle condanne in materia di sicurezza dei lavoratori
I reati per violazione della normativa di sicurezza sul lavoro incidono esplicitamente sull'affidabilità dell'impresa nelle gare pubbliche.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1799 del 27 marzo 2012, ha accolto il ricorso proposto da una Associazione Temporanea di Imprese (ATI), contro l’Amministrazione responsabile di una gara pubblica per l’aggiudicazione di lavori.
L’ATI ricorrente, risultata seconda classificata nella gara, contestava che la società che era risultata aggiudicataria della gara, aveva omesso di dichiarare la condanna patteggiata da uno degli amministratori per omicidio colposo conseguente a violazione delle condizioni di sicurezza dei lavoratori, verificatosi alcuni anni prima (per il fatto, risalente nel tempo, emergevano i presupposti per l'estinzione del reato).
Il Consiglio di Stato, ha accolto il ricorso dell’ATI ricorrente, sostenendo che nel caso in cui il bando non ponga un obbligo incondizionato di dichiarare qualsiasi condanna riportata, si potrebbe non ritenere "falsa" la dichiarazione di un concorrente che ometta di menzionare la condanna penale di un amministratore, ma solo qualora si possa ragionevolmente giustificare l’irrilevanza di condanne per fatti ritenuti scarsamente offensivi, ovvero non attinenti agli interessi perseguiti dalla normativa sui contratti pubblici.
Nella fatti specie, la questione si pone con riferimento ad un reato che è da considerare oggettivamente "grave" e perciò direttamente incidente sull'affidabilità dell'impresa, in relazione al rispetto delle norme di sicurezza stabilite a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
Il fatto che la condanna fosse risalente nel tempo con conseguente maturazione dei presupposti di estinzione del reato sono stati oggetto di specifica valutazione da parte della amministrazione banditrice della gara: ma, secondo il Consiglio, resta fermo che quest'ultima doveva farsi carico della questione dell'omissione della dichiarazione della condanna, prescritta dal bando.
In particolare, il Collegio non ritiene ragionevole un apprezzamento discrezionale da parte dell’Amministrazione, sulla "non gravità" di quanto compiuto dall'impresa partecipante alla gara in rapporto ad una condanna patteggiata per omicidio colposo commesso per "imprudenza, imperizia, negligenza e colpa specifica, consistente nella violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro", punito ai sensi dell'art. 589, commi 1 e 2 del codice penale.
Tale condanna riguardava infatti un delitto incidente su beni e interessi comunque rilevanti per quanto concerne l'affidabilità dell'impresa partecipante ad appalti pubblici, chiamata al sistematico rispetto della vigente normativa a tutela delle condizioni di sicurezza dei lavoratori.
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