Gli obblighi del CSE presuppongono che i lavori in cantiere siano in esecuzione per consentire il controllo di quanto previsto nel PSC. Una verifica, nel caso di sospensione dei lavori, non avrebbe alcun significato.  Le responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) in un cantiere temporaneo o mobile, nel caso che, un infortunio sul lavoro si verifichi, sì per una carenza di misure di sicurezza previste nel PSC, ma in un cantiere nel quale i lavori sono stati sospesi. Con questa sentenza la Corte di Cassazione fornisce degli elementi utili per la individuazione delle eventuali responsabilità del coordinatore per l’esecuzione, in circostanze del genere. Il CSE, ha sostenuto la suprema Corte nella sentenza, ha l’obbligo di controllare il corretto adempimento degli obblighi di sicurezza in un cantiere temporaneo o mobile, in relazione alle previsioni del piano di sicurezza e di coordinamento, per cui una verifica nel caso di una sospensione imprecisa dei lavori non avrebbe alcun significato né un riconoscibile scopo pratico. Peraltro una estemporanea e non programmata ripresa dei lavori non può essere dallo stesso impedita o prevenuta in mancanza di poteri obbligatori specifici diversi dalle mere segnalazioni formali al committente delle inadempienze.

Il caso

Il coordinatore per la sicurezza e per l’esecuzione, di alcuni lavori edili è stato tratto a giudizio avanti il Tribunale per rispondere del reato p. e p. dall’articolo 113 c.p., e articolo 589 c.p., comma 2, a lui ascritto per avere, in cooperazione con altri, colposamente concorso a cagionare la morte di un operaio. Era accaduto che quest’ultimo, dipendente di una ditta incaricata delle opere di falegnameria, mentre stava procedendo alla posa in opera dei telai di una finestra al primo piano di una villetta, dopo aver aperto le persiane, perdeva l’equilibrio e precipitava al suolo, da un’altezza superiore ai 3 m, riportando gravissime lesioni che ne cagionavano il decesso.

 La responsabilità dell’evento era stata ascritta al coordinatore, oltre che a titolo di colpa generica, anche per colpa specifica consistita nella violazione delle previsioni di cui all’articolo 16 del D.P.R. 7/1/1956 n. 164, degli articoli  21, comma 1, e 22, comma 1, del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 e dell’ articolo 5, comma 1, lettera a) e b) del D. Lgs. 14/8/1996 n. 494, Si ammoniva in particolare all’imputato di aver omesso di verificare, nella sua qualità di coordinatore, che l’impresa esecutrice, in relazione alla fase di posa dei controtelai alle finestre, applicasse le disposizioni contenute nel Piano informativo generale sulla sicurezza ed igiene sul lavoro dallo stesso predisposto, nella parte in cui prevedeva la necessità di verificare preventivamente, operando in prossimità del vuoto,  l’esistenza di parapetti e protezioni, e di mantenere in opera ponti e sottoponti con regolari parapetti, nonché di aver omesso di verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza predisposto dalla ditta medesima e, comunque, l’idoneità delle misure approntate per eliminare il rischio di caduta dall’alto degli operai.

Il Tribunale, riconosciuta la responsabilità del coordinatore, lo ha condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno di reclusione oltre che, in solido con gli altri due imputati e con il responsabile civile della società, al pagamento della somma di euro 34.363,36 in favore dell’Inail ed al risarcimento del danno non patrimoniale, da liquidarsi in separata sede, in favore dell’altra parte civile, in proprio e nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore, ed ancora al pagamento di una provvisionale, in favore della stessa, di euro 100.000,00.

 

Il primo giudice, escluso che nella fattispecie potessero riconoscere profili di abnormità e di eccezionalità della condotta tenuta dalla vittima, tali da interrompere il nesso causale, ha rimarcato, tra l’altro, le gravi carenze del piano operativo di sicurezza predisposto dall’impresa esecutrice, avvalorando il sospetto, esternato dagli ispettori del servizio di prevenzione, che lo stesso fosse in realtà ricopiato da analoghi documenti redatti per altre lavorazioni con deficienze progettuali e programmatiche tradottesi in disfunzioni e carenze organizzative e di efficienza delle procedure per la prevenzione degli infortuni.

Con specifico riferimento alla posizione del coordinatore, il Tribunale, pur riconoscendo che lo stesso aveva assolto in modo ineccepibile ai suoi compiti nella fase progettuale e pur sottolineando la sua assidua presenza in cantiere per seguire l’andamento dei lavori, ha stigmatizzato il fatto che egli non avesse adottato i provvedimenti del caso circa la prassi lavorativa instauratasi, del tutto inosservante dei più elementari standard di sicurezza e persino in contrasto con le disposizioni contenute nel documento programmatico redatto dallo stesso. Secondo il Tribunale, ancora, il coordinatore stesso avrebbe dovuto evidenziare le carenze e le lacune riscontrabili già nel documento di sicurezza elaborato dai responsabili della ditta, al fine di sollecitarne l’adeguamento, e segnalare comunque tale situazione al committente.

 La Corte di Appello, ha successivamente confermate le statuizioni penali ed ha riformato la decisione del Tribunale, con riferimento a quelle civili condannando il coordinatore e la società responsabile civile al pagamento, in solido tra di essi e con altri imputati, dell’ulteriore somma di euro 288.034,34 in favore dell’Inail.

La Corte di Appello, relazionando,  la posizione del coordinatore, ha rilevato che la sua colpevolezza era stata correttamente riconosciuta sotto un duplice profilo. Innanzitutto, per non aver segnalato l’inadeguatezza del P.O.S., redatto dalla ditta esecutrice, con tutte le disfunzioni e carenze organizzative che ne sono conseguite sul piano della prevenzione degli infortuni, omissione questa che aveva contribuito non poco a causare l’evento. In secondo luogo e soprattutto perché, nella qualità di coordinatore per la sicurezza nella fase di esecuzione dei lavori, egli aveva omesso di segnalare, stigmatizzandola, la prassi adottata nel cantiere in ordine al montaggio degli infissi, connotata dalla carenza di qualsiasi presidio di sicurezza, condizioni queste abitualmente ricorrenti ancor prima dell’infortunio occorso al lavoratore e, quindi, perfettamente rilevabili dall’imputato che, assiduamente presente sui luoghi per seguire l’andamento dei lavori, avrebbe potuto e dovuto attivare i suoi poteri di intervento, limitatisi invece a una circolare, emessa più di un anno prima dell’incidente, con la quale si richiamava al rispetto degli obblighi di cui all’articolo 7 del D. Lgs. n. 494 del 1996 nei lavori di fornitura e montaggio degli infissi esterni, evidentemente rimasta senza alcun riscontro.

 

Il ricorso alla Corte di Cassazione e le motivazioni

Contrario, la sentenza della Corte di Appello hanno proposto ricorso l’imputato e la società responsabile civile per mezzo dei rispettivi difensori.

Fra le varie spiegazioni del proprio ricorso, il coordinatore, ha messo in evidenza tra l’altro che il drammatico episodio si era verificato in un momento in cui l’impresa, pur dovendo ancora completare alcuni montaggi di infissi interni, aveva sospeso i lavori, tanto che l’area di cantiere era temporaneamente chiusa, delimitata e messa in sicurezza, e non vi era una specifica programmazione circa i tempi in cui gli stessi sarebbero stati ripresi. Lo stesso ha sottolineato, altresì, di non essere a conoscenza che il lavoratore la mattina dell’infortunio si era recato sul luogo dell’incidente e che lo aveva fatto di propria iniziativa, essendo destinato a tutt’altro incarico, avendo tenuto così nell’occasione un comportamento assolutamente irresponsabile ed eccezionale, in tale circostanza avrebbe dovuto indurre la Corte di Appello a ritenerlo esente da ogni colpa, in quanto non messo in condizione di accorgersi dell’omessa adozione delle misure precauzionali e, dunque, di intervenire.

 

Le decisioni della Corte di Cassazione.

I ricorsi sono stati ritenuti fondati e accolti dalla Corte di Cassazione che ha annullata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di provenienza per un nuovo esame. La suprema Corte ha fatto osservare innanzitutto che la Corte d’Appello aveva omesso di prendere in considerazione la lamentela del ricorrente secondo la quale al momento dell’incidente i lavori nel lotto in questione risultavano essere stati sospesi dall’impresa e che non ne era stata inoltre programmata una ripresa, tanto meno nel giorno dell’incidente. La circostanza è stata ritenuta dalla Corte di Cassazione di notevole rilievo posto che, se davvero così fosse stato (ma nulla di diverso è risultato dalla sentenza), non era ipotizzabile un obbligo di controllo e vigilanza messo in atto concretamente in capo al coordinatore per la sicurezza.

E’ da ricordare, la Sez. IV, che la figura del coordinatore per la sicurezza, è stata introdotta per la prima volta dal D. Lgs. 14/8/1996 n. 494 nell’ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili a fianco di quella del committente, allo scopo di consentire a quest’ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche.

La definizione dei relativi compiti e della connesse sfere di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso coordinatore e dall’altro dallo specifico elenco contenuto nell’articolo 5 del D. Lgs. n. 494/1996 a mente del quale egli è tenuto in particolare a:

a) verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento… e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;

b) verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza,… e adeguare il piano di sicurezza e coordinamento e il fascicolo di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, nonché verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;

c) organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;

d) verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;

 e) segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 7, 8 e 9, e alle prescrizioni del piano di cui all’articolo 12 e proporre la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto…;

f) sospendere in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

 

Tale disciplina, ha quindi proseguito la Sez. IV, conferma che la funzione di vigilanza è alta e non si confonde con quella operativa demandata ai datore di lavoro ed alla figure che da esso ricevono poteri e doveri, il dirigente ed il preposto, tanto è vero che il coordinatore articola le sue funzioni in modo formalizzato con la contestazione scritta alle imprese delle irregolarità riscontrate per ciò che riguarda la violazioni dei loro doveri tipici, e di quelle afferenti all’inosservanza del piano di sicurezza e di coordinamento e con la segnalazione al committente delle irregolarità riscontrate. Solo in caso di imminente e grave pericolo direttamente riscontrato gli è consentito di sospendere immediatamente i lavori.

 

E’ chiara la marcata diversità di ruolo rispetto al datore di lavoro delle imprese esecutrici”, ha così chiarito la Sez. IV, “un ruolo di vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale stringente vigilanza, momento per momento, demandata alle figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto)”. “Le figure del coordinatore per la progettazione Decreto Legislativo n. 494 del 1996, ex articolo 4, e del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ex articolo 5 stesso Decreto Legislativo” ha così proseguito la Corte di Cassazione, “non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori”.

Si tratta, inoltre, di un compito di vigilanza che presuppone che il programma di lavori sia in fase di esecuzione o comunque prossimo all’avvio”, ha così messo in evidenza la Corte suprema, per cui “non si spiegherebbe altrimenti il riferimento alla verifica, evidentemente sul campo, della corretta applicazione delle procedure di lavori, dell’idoneità del P.O.S. e al necessario adeguamento del piano di sicurezza e coordinamento alla ‘evoluzione dei lavori’”. “Tali obblighi, invero, presuppongono l’avvio o comunque una programmazione dei lavori tale da rendere attuale, da un lato, l’obbligo per le imprese di adempiere agli obblighi prevenzionistici loro imposti e, dall’altro, quello del coordinatore per la sicurezza di controllare il corretto e funzionale adempimento di tali obblighi, in relazione alle previsione del piano; per contro una verifica in una situazione di sospensione indeterminata dei lavori non avrebbe significato, né riconoscibile scopo pratico”.

 

Per converso”, ha così concluso la Sez. IV, “una estemporanea e non programmata ripresa dei lavori si pone essa stessa quale evenienza non prevedibile da parte del coordinatore per la sicurezza, certamente non tenuto a una vigilanza di cantiere e tale comunque da non poter essere dallo stesso impedita o prevenuta, in mancanza di poteri impeditivi o coercitivi specifici, diversi da quelli predetti di mera segnalazione formale delle inadempienze”. “Nella specie, se è vero che i lavori erano sospesi, non può dunque ipotizzarsi alcun obbligo, attuale e concreto, di vigilanza la cui inosservanza possa giustificare la riconduzione causale dell’evento all’imputato”.

Nella sentenza della Corte di Appello, infine, ha fatto notare la suprema Corte, non è emerso alcun accertamento idoneo a smentire l’affermazione secondo cui l’intenzione di riprendere i lavori di collocazione degli infissi in legno nelle villette non era stata comunicata preventivamente al coordinatore e che la ripresa dei lavori era stato frutto piuttosto di una estemporanea iniziativa del datore di lavoro dell’impresa, elementi tutti questi che hanno indotto la suprema Corte ad annullare la sentenza impugnata, anche nei confronti della società responsabile civile, ed a rinviarla alla Corte di Appello di provenienza per l’effettuazione di un nuovo esame.

 

 

 

Cassazione Penale Sezione IV – Sentenza n. 7960 del 23 Febbraio 2015 (u.p. del 5 Febbraio 2015)- Pres. Brusco – Est. Iannello – P.M. Destro – Ric. F.F.- Gli obblighi del CSE presuppongono che i lavori in cantiere siano in esecuzione onde consentirgli di controllare la corretta attuazione di quanto previsto nel PSC per cui una verifica nel caso di sospensione dei lavori non avrebbe alcun significato.

 

N.B. il nostro è un sistema giuridico basato sul codice

 

 

 

RossellaCronacaGli obblighi del CSE presuppongono che i lavori in cantiere siano in esecuzione per consentire il controllo di quanto previsto nel PSC. Una verifica, nel caso di sospensione dei lavori, non avrebbe alcun significato.  Le responsabilità del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE) in un cantiere temporaneo o...