Inail: misure di sicurezza nelle attività sanitarie
Il nuovo factsheet “Misure di sicurezza per gli agenti infettivi del gruppo 3 nelle attività sanitarie”, curato dal Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’Inail, assume una grande rilevanza fornendo, un supporto, per migliorare sia la tutela degli operatori di fronte agli agenti infettivi, sia l’efficacia delle misure di contenimento del virus SARS-CoV-2.
Gli argomenti sono:
La normativa e le misure di prevenzione e protezione
Le misure di sicurezza di tipo collettivo per i rischi biologici
Protezione collettiva: le attività di disinfezione e l’uso delle cappe
La normativa e le misure di prevenzione e protezione
Il factsheet, scritto da R. Lombardi, A. Ledda, P. Tomao, N. Vonesch, A. Carducci, M. Clementi, D. D’Alessandro, S. Sernia e M. Triassi, sottolinea, in premessa, che nelle strutture dove si esegue un’attività sanitaria, è fondamentale un’idonea progettazione e implementazione del sistema di prevenzione e protezione, per evitare la diffusione di infezioni causate da agenti patogeni, insieme “con l’adozione di tutte quelle misure di sicurezza, di tipo collettivo e individuale, appropriate e funzionali ad esercitare la dovuta tutela dal rischio specifico, sia a vantaggio degli operatori, sia degli utenti”.
Tali misure di sicurezza “devono essere conformi alla vigente legislazione di riferimento, al decreto legislativo 81/2008 e s.m.i. che, recepisce nell’ordinamento nazionale anche le Direttive UE in materia di igiene e sicurezza in ambiente di lavoro.
In particolare – continua il factsheet – “la Direttiva 2000/54 CE, recepita al Titolo X del suddetto atto normativo (protezione dai rischi derivanti da esposizione ad agenti biologici) classifica al gruppo 3 e 3** di rischio (il doppio asterisco indica quegli agenti che possono comportare un rischio di infezione limitato perché normalmente non sono veicolati dall’aria) alcuni temibili agenti patogeni per la salute dei lavoratori e della comunità, come ad esempio Mycobacterium tuberculosis, Rickettsia typhi, Yersinia pestis, veicolabili in aria o i virus dell’epatite B e C, l’HIV, trasmessi generalmente per via ematica”.
Inoltre, l’art. 4 del DL 7 ottobre 2020 n. 125, in attuazione della Direttiva (UE) 2020/739 della Commissione del 3 giugno 2020, “va ad inserire il virus della Sindrome respiratoria acuta grave (SARS-Cov-2) nell’allegato XLVI del d.lgs. 81/2008, gruppo 3”, mentre “è ancora in corso di recepimento l’elenco aggiornato degli agenti biologici sulla base della Direttiva UE 2019/1833 che comprendono nel gruppo 3 patogeni tra i quali il virus dell’influenza H1N1, il virus della Sindrome respiratoria acuta grave da coronavirus (virus SARS), il virus della Sindrome respiratoria medio-orientale da coronavirus (virus MERS), veicolabili in aria”.
In ambito sanitario, e sulla base di un’attenta valutazione del rischio, “nel caso di attività che potrebbero esporre gli operatori ad agenti infettivi del gruppo di rischio 3, devono essere rigorosamente attuate tutte le possibili misure di sicurezza, commisurate alle specifiche attività e vie di trasmissione, considerando attentamente modalità e tipologia di tutte le procedure operative”.
Le misure di sicurezza di tipo collettivo per i rischi biologici
Elenchiamo, alcune misure di sicurezza di tipo collettivo, ricordando che quando si adottano misure di prevenzione e protezione è necessario “considerare il principio di priorità delle misure di protezione collettiva rispetto a quelle di tipo individuale”, introdotto dal d.lgs. 81/2008 (Testo Unico) all’art. 15, comma 1, lett. i).
Secondo il Testo Unico, il datore di lavoro deve dare ‘la priorità̀ alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale’. E in relazione alla presenza di agenti biologici nocivi, all’art. 272 comma 2, al punto d) si indica, che il datore di lavoro ‘adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l’esposizione’.
Il factsheet si sofferma, su alcune delle “misure di sicurezza di tipo collettivo ritenute di maggior rilievo, come sancito dagli artt. 274 e 275 del d.lgs. 81/2008 e richiamate anche nell’allegato XLVII”. A livello esemplificativo si segnala che le colture di agenti biologici del gruppo 3 “devono essere effettuate esclusivamente in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento (laboratori classificati BSL3 o P3)”.
Si indica, che per quanto riguarda gli “ambienti ove si tengono in osservazione e degenza, o si espletano attività di assistenza sanitaria di varia tipologia verso soggetti sospetti di infezione da agenti del gruppo 3 o per i laboratori BSL3 o P3, stando ai disposti della normativa vigente per garantire un’idonea tutela degli operatori, dovrebbero essere impegnate delle aree in depressione con adeguati ricambi d’aria”.
In questi ambienti, è necessario soddisfare “tali requisiti indispensabili per evitare che si mantenga una concentrazione in aria dell’agente infettivo e scongiurarne la diffusione verso gli ambienti circostanti”.
Perciò in queste aree “deve essere garantito un adeguato numero di ricambi d’aria, intesi come effettivi e calcolati mediante il ‘recovery time’”. E tenendo conto dell’ esperienze maturate a livello internazionale, “per quanto concerne ad es. il Mycobacterium tuberculosis, SARS Cov ed il virus H1N1, vengono raccomandati 6 – 10 ricambi/h. La norma tecnica EN 10339 prevede che: ‘’le portate d’aria devono essere stabilite in relazione alle prescrizioni vigenti ed alle specifiche esigenze, e che l’immissione per ‘camere sterili ed infettivi deve avvenire tramite filtri di classe compresa tra 10 e 11 con efficienza di filtrazione M+A+AS”.
L’ estrazione dell’aria “deve essere effettuata, attraverso sistemi filtranti assoluti conformi alla norma tecnica europea EN 1822 (filtri per l’aria ad alta efficienza, precedentemente denominati HEPA “High efficiency particulate air”). È requisito indispensabile il controllo periodico del rispetto dei parametri di contenimento, per quanto attiene pressione, direzione e portata dei flussi ed efficienza degli stessi sistemi di filtrazione dell’aria”.
Il factsheet riporta poi indicazioni sui trattamenti alternativi dell’aria contaminata.
Si indica, che nel caso di impossibilità a rendere disponibili tali aree, “occorre individuare nella struttura gli ambienti prioritari ove collocare apposite apparecchiature, per il trattamento dell’aria potenzialmente contaminata da agenti infettivi. Sono disponibili sistemi per la decontaminazione in grado di trattare da 300 a 1200 – 1500 mc/h dell’aria confinata in ambienti”. E se, per qualsiasi motivo, tali sistemi non fossero disponibili, “è comunque fortemente raccomandata la possibilità di ricambio naturale dell’aria (es. apertura di finestre)”.
Protezione collettiva: le attività di disinfezione e l’uso delle cappe
Sempre con riferimento alle misure collettive il factsheet si sofferma poi sulle attività di disinfezione.
La scheda informativa, che rimanda ai documenti del Ministero della Salute, si sofferma, sull’elaborazione da parte del Comitato Europeo di Normazione (CEN) di norme tecniche europee inerenti l’approccio metodologico delle attività di disinfezione. E per quanto concerne la dimostrazione di efficacia della disinfezione, “ogni specifica norma tecnica descrive una sequenza di test da applicare per i diversi agenti biologici, batteri, funghi, lieviti, virus, spore”.
Per ogni prodotto di disinfezione è, necessario che l’attività microbicida “sia dimostrata in accordo alle norme tecniche comunitarie di riferimento (es. la EN 14476 per quella virucida) che esigono l’esame di tutte le verifiche sperimentali eseguite da laboratori di organismi terzi indipendenti, quali laboratori di centri universitari qualificati e di riferimento nel settore disciplinare”.
Si sottolinea che l’attività di disinfezione “è essenziale negli ambienti dedicati all’osservazione del soggetto potenzialmente infetto, all’assistenza sanitaria e terapeutica di varia tipologia”. E in tal senso è doverosa “un’appropriata disinfezione delle superfici ambientali e delle superfici dei dispositivi medici, apparecchiature, strumenti ecc., attraverso processi per aerosolizzazione, che possono essere considerate adeguate misure di tutela della salute in accordo al d.lgs. 81/2008, al d.lgs. 46/97, e al nuovo Regolamento (UE) 2017/745”.
E’ rimesso a laboratori di organismi terzi indipendenti, come ad esempio quelli dei centri universitari qualificati e di riferimento nel settore, “validare e approvare sia la formulazione del disinfettante, sia la sua combinazione con l’apparecchiatura di aerosolizzazione, in conformità alle norme tecniche di riferimento (es. EN 13727, EN 14561, EN 14348, EN 14476, EN 14347), considerando per le apparecchiature realizzate di recente la nuova norma tecnica EN 17272:2020 elaborata per tale tipologia di disinfezione”.
L’attività di disinfezione di superfici e strumenti per aerosolizzazione del disinfettante nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e similari, “deve essere praticata sistematicamente e monitorata in continuo per garantirne un adeguato livello di efficacia”.
Per i laboratori BSL3 o P3, “oltre a valere le indicazioni sopra evidenziate si può annoverare tra le misure di prevenzione e protezione di tipo collettivo l’impiego di cappe a flusso laminare di caratteristiche e dimensioni appropriate per le attività che devono essere eseguite in laboratorio, con certificazione CE/UE di conformità alla norma tecnica EN 12469 rilasciata da un Organismo Notificato autorizzato, considerando attentamente che nelle verifiche periodiche siano sempre in essere i requisiti di protezione della suddetta EN 12469”.
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